Studiare la matematica

La matematica ha una sua propria fenomenologia, che viene continuamente indagata ed ampliata. A partire da essa, si sviluppano delle teorie, ossia costruzioni intellettuali che catturano di tale fenomenologia gli elementi essenziali. Le teorie, a loro volta, dischiudono nuovi elementi fenomenologici, oppure permettono di vedere fenomeni già incontrati sotto una luce più chiara.

Il progresso della matematica è tutto giocato tra l’indagine dei suoi fenomeni, e la costruzione e il raffinamento delle teorie che li descrivono. Alcuni matematici sono come degli esploratori, che costantemente viaggiano alla ricerca delle meraviglie della natura, per osservarne la forma e il comportamento; altri, invece, sono filosofi e speculatori, che portano continuamente avanti il necessario lavoro di astrazione e costruzione di teorie. Queste due figure sono necessarie l’una all’altra, e complementari: una teoria ha valore esattamente quando ha un forte supporto fenomenologico, e del resto sono le teorie a far sì che l’esplorazione dei fenomeni non proceda alla cieca.

Tali osservazioni mi rassicurano sul fatto che lo studio della matematica non è poi così diverso dallo studio della realtà naturale in cui ci troviamo gettati.

Due su tre

Ripenso ai miei due anni da dottorando in matematica, qui a Pavia. La ricerca è effettivamente un mestiere, e come tale si impara. Non è stato affatto banale. Il primo anno si procedeva spinti dall’entusiasmo, un po’ alla garibaldina; qualche risultato è anche uscito subito, ma poi si è passato tempo a leggere articoli astrusi, a fare pratica con il linguaggio degli oggetti studiati, senza concludere granché. Poi, idee vaghe che lì per lì sembravano chissà cosa, ma facevano solo perdere tempo. Con pazienza, si è imparato a volare sempre bassi, pure conservando la capacità di guardare in alto quando serve. Quest’ultima metafora, probabilmente, riassume la principale lezione di questi mesi di attività, assimilata dopo molto tempo e molti errori. Il problema che ho studiato, effettivamente, si è rivelato – nonostante le prime apparenze – piuttosto difficile, probabilmente al di là della mia portata. Qualcosa di interessante si è ottenuto, ma proprio ora che mi sento un ricercatore ben più maturo e capace, mi rendo conto che ho solo un anno davanti a me prima di concludere, e tuttora nulla di ultimato.

Ciò che ho almeno ho guadagnato, in questi ultimi mesi, è stata una rinnovata motivazione per il mio lavoro. Ora, so dire perché la matematica è la mia attività di elezione. So spiegare perché è importante per l’umanità, e perché è bella. Raggiungere tale consapevolezza ha avuto un costo; la mia speranza è che nei mesi a venire essa possa concretizzarsi in prodotti compiuti e tangibili. Anche questo, ovviamente, richiederà una certa fatica.

«Non sono solo»

È un periodo cruciale. Il mio rinnovato bisogno di relazioni, forte al punto da provocare dolore, si scontra con una situazione che conduce alla solitudine. A cercare relazioni nella solitudine, non ero più abituato. O forse, non sono mai stato abituato, ché da sempre fuggivo dalla solitudine, cercando un qualche rifugio. Videogiochi, conversazioni online, social network. Per qualche tempo ha funzionato, ma adesso tutto ciò mi lascia una vaga eppure certa sensazione di distacco dalla realtà, ossia distacco dai corpi, dalle relazioni, in definitiva distacco dall’uomo e dalla Verità.

È arrivato il momento di essere forti. Ora, dopo l’anno che è passato – con tutto ciò che ha portato nella mia vita! – dovrei avere anche gli strumenti per riuscire. Non dirò «non sono solo», a questo punto: no, la verità è che sono solo, e che devo farcela da solo; eppure, anche nella solitudine esiste la possibilità di costruire relazioni.

L’Arte è un esempio. L’Arte mi permette di stabilire legami umani, veri, concreti. Di certo, imparare a relazionarmi con l’Arte non è stato facile, e tuttora in certe occasioni mi costa fatica. In questo preciso momento, però, ecco un’epifania: la parola chiave, il concetto chiave è sempre quello di uomo, e di vita. Relazionarsi con un’opera d’arte, relazionarsi con una persona, finanche relazionarsi con Dio (o chi per lui): concettualmente, sostanzialmente, non cambia nulla. “Tutte le relazioni sono umane”, si potrebbe dire. Ecco che allora l’idea stessa di “solitudine” perde le sue usuali connotazioni. O forse no, forse è meglio mettere da parte strani tentativi di cambiare il significato della parola, e contraddire invece ciò che ho affermato prima: non sono solo, se stabilisco relazioni. Questa è, in effetti, una tautologia. La vera solitudine è l’assenza di relazioni, cioè la vera solitudine equivale alla morte stessa, e non dipende necessariamente dalla circostanza di essere da soli o in compagnia di qualcuno.

Un’idea

Devo ancora conoscere chi è veramente capace di rinunciare a qualsiasi dogma. Il che significa, qualcuno che trovi accettabile qualsiasi idea, qualsiasi comportamento. Qualcuno che trovi accettabile tanto il libero amore quanto la castità prematrimoniale. Oppure, qualcuno che trovi accettabile tanto la Scienza, quanto le teorie del complotto. Tanto il fascismo, quanto le democrazie liberali.

No: alla fine da qualche parte si fanno scelte, si crede che tali scelte corrispondano a Verità, e si agisce come crociati nei confronti di chi non si conforma a tali Verità. Io, ad esempio, credo nel dogma della correttezza formale e cerco di imporlo a chiunque io incontri. In maniera pacifica, ma comunque costitutivamente apodittica.

Un mio amico voleva impostare
la famiglia in un modo nuovo
e disse alla moglie “se vuoi mi puoi anche tradire”
Lei lo tradì, lui non riusciva più a dormire.

Trasfigurazione e morte

II. Chi sei, tu?

I. Io sono I***.

II. Anche io, sono I***.

I. Entrambe siamo I***. L’I*** di adesso, l’I*** di allora, che tuttora vive in te. Due persone diverse, ma entrambe la vera I***. Eppure, tu ora mi detesti.

II. Sono cambiata. Dovevo cambiare. Ora, mi sento in pace con me stessa.

I. Ne sei sicura?

II. Per le altre persone e per me stessa, ora sono un modello migliore di prima. Sono migliore di prima.

I. Ne sei sicura?

II. Prima, sbagliavo in continuazione. Tutti mi avrebbero disprezzato. Si sarebbero presi gioco di me. Ero scandalosa, ero solo uno scandalo!

I. Questo perché ti sei sempre sentita inadeguata a te stessa e alle altre persone.

II. Il mio corpo e il mio animo era sporco. Continuavo a sporcarmi. E forse… mi piaceva. Ma mi odiavo. Odiavo me stessa. Perché sbagliavo.

I. E così, ti sei costruita tu stessa una prigione per il tuo corpo, per il tuo animo.

II. Non è forse meglio così? Certo che è meglio così. Ora vivo per fare ciò che è giusto.

I. Eppure, ti senti sola.

II. Non è così! Tanti ora mi apprezzano, mi lodano, perché mi comporto correttamente.

I. Eppure, ti senti sola.

II. Non è così, non è affatto così! Ho anche il ragazzo! Lui è come me, lui la pensa come me!

I. Eppure, hai lasciato un mondo intero alle tue spalle. Quel mondo, insieme con gli amici di allora. Vuoi eliminare anche loro insieme a me, non è così?

II. Loro sbagliano. Mi facevano sbagliare, convincendomi che andava tutto bene. Non posso più stare con loro. Devono capire ciò che è giusto. Devono capire che io sto facendo ciò che è giusto.

I. Però, loro ti piacevano. Li hai amati.

II. Non è che io li detesti.

I. Ma se parli male di loro, alle loro spalle.

II. È perché loro mi criticano sempre! Anche adesso, che faccio ciò che è giusto, loro continuano a criticarmi!

I. La verità è che ti criticano perché ancora ti amano.

II. Il loro giudizio non conta più niente! È solo un fastidio. Altri, ora, mi lodano. Mi amano per quella che sono.

I. Ma chi sei tu? Cosa sei tu?

II. Io sono una persona che vive correttamente, e che non sbaglia più come un tempo. Non sbaglierò più.

I. Tu allora sbagliavi, ma eri capace di amare.

II. Pensi che non ne sia più capace? Come puoi pensare una cosa simile? Non è come pensi, non è affatto come pensi tu!

I. Ora fai ciò che è giusto, ma chiusa nella prigione del tuo animo sai solo giudicare le altre persone. Non sai più amare.

II. Non è così, non è affatto così!

I. L’attuale te stessa è il frutto di una tua libera scelta. Eppure, tu ancora ti senti inadeguata. Ti senti sola.

II. Non è vero! Sono tutte falsità!

I. Tale è il tuo animo. Ricolmo di tristezza, il tuo stesso animo.

L’Arte può salvarti!

La Verità può nutrirsi di sensibilità umane differenti da quella indicata dall’orizzonte culturale di riferimento. Conoscere sensibilità differenti, attraverso l’Arte, ti fa abbassare le difese nei confronti dell’altro, ti fa capire che può esistere un discorso indipendente da giudizi morali eventualmente assegnati. È importante superare le paure verso la deviazione dal canone, non per deviare tu stessa, e neppure per smettere di dare un giudizio di valore a tali deviazioni; soltanto, per capire che tale è la libertà donataci, e che temere la libertà è come temere la vita stessa. In questo senso, anche un’arte “moralmente inaccettabile” ha dignità di vita e di esistenza, e anche l’errore morale di taluni esiti artistici può illuminarti riguardo l’uomo, la vita, il suo destino.

(Scritto in treno verso Milano, la mattina di lunedì 29 aprile 2013.)

Critica

Pensavo, in questi giorni, che assieme alla sinistra andrebbe un po’ ricostruita la classe intellettuale di sinistra. Ormai sembra che questi sedicenti intellettuali, nel loro atteggiarsi a paladini del libero pensiero e di tutto il resto, non si rendano nemmeno conto che hanno un dogmatismo sovrapponibile a quello dei bigotti: il dogmatismo di chi sostituisce alla realtà una propria immagine preconfezionata della realtà, gloriandosi di tale costruzione mentale e di fatto rinunciando a incidere davvero sul mondo e sui suoi innumerevoli guai. Così, ecco piovere articoli sul liberismo malvagio, sulla Chiesa che è fonte di tutti i mali, sul Papa che dovrebbe diventare pro divorzio e pro aborto… Fiumi di parole sempre uguali che pretendono di essere acute interpretazioni della società, ma che tradiscono piuttosto la più vacua autoreferenzialità.

Questi “intellettuali” vivono per sé stessi. Ciò che scrivono, ciò che dicono, ha in fondo soltanto la finalità di giustificare la loro stessa esistenza. Non c’è voglia di capire, non c’è voglia di cambiare.

Per finire, e giusto per rendere più chiaro cosa intendo: cinquant’anni fa Pasolini, oggi Flores D’Arcais. In fondo, non serve aggiungere altro.

Motivazione alla ricerca

Il Vero e il Falso esistono; ciò che non è mai chiaro, però, è dove sia collocato il confine che li separa, e addirittura se tale confine esista. Ecco allora spiegato perché la correttezza metodologica, lo studio, la comprensione, la ricerca, siano così importanti: essi infatti sono l’anticorpo alle ideologie, che accecano l’uomo facendogli credere che il confine tra Vero e Falso sia il taglio di una spada. E invece, è semmai quest’ultima la più grande e ingannevole falsità.

Dunque, preferisco conoscere, studiare, ricercare, prima di decidere e prendere una posizione. Anche correndo il rischio di diventare un ignavo. Proprio perché la materia è così importante, voglio avere tutti gli elementi che mi servono per arrivare a risposte che siano almeno corrette, se non possono essere definitive. Voglio essere in grado di distinguere davvero il Falso dal Vero, trovare quella loro effimera linea di demarcazione; e so per certo che essa non sarà (quasi) mai lì, limpidamente davanti ai miei occhi, anche se alcuni vorranno farmelo credere.

Breve riflessione politica

A me pare che alla sinistra in Italia – ma forse chissà, anche all’intero paese – ciò che davvero manca sia una robusta e necessaria dose di programmaticità, organicità delle proposte. Sembra che “sinistra” ora sia una parola evocata da pochissime tematiche, sempre le solite: articolo 18, pensioni, no austerità, qualcosa sui cosiddetti diritti civili. Possibile non ci sia nient’altro? Le classi cosiddette “deboli” sicuramente includono salariati e pensionati; sicuri che non includano anche altre categorie di persone? Senza fare elenchi, già per esempio pensare alle generazioni future e al loro benessere, mi pare potrebbe essere un tema “di sinistra”. No?

Riuscirò, un giorno, a vedere una proposta politica di sinistra, anche radicale, che sia in grado di fornire una visione di insieme e soprattutto risposte concrete? Intendo risposte vere e non illusorie, economicamente sostenibili data la grave situazione attuale, e senza che si debba ricorrere ad una vacua retorica anti-sistema – buona solo per dare alle persone qualcosa contro cui sfogarsi. Sto forse chiedendo troppo?