La scena è circa la stessa, ogni volta. Una persona che mi fa una domanda innocua tipo “sei all’università? Cosa studi?”. Io studio matematica, oramai sono anche al terz’anno. A tale risposta, quasi sempre mi trovo davanti una faccia che mi osserva con un misto di stupore, ammirazione e una sorta di timorosa riverenza. Le parole che seguono, poi, sono quasi sempre le stesse: “ah, matematica! Ma ci vuole proprio una testa…” oppure “è proprio una cosa difficile, non sarete in molti…”. Sì, in effetti non siamo in molti, in corso.
Però io comincio a stancarmi di venir additato come un alieno, solo a causa degli studi che faccio. All’inizio poteva forse essere motivo di orgoglio, l’orgoglio dell’elitismo, il sentirsi chissà chi perché si fa una cosa che tutti ritengono strana e difficile. Beh, insomma, forse tempo fa potevo anche sentirmi così, ma adesso sinceramente penso che siano tutte idiozie. Io non credo proprio che vi sia una disciplina umana più facile o più difficile di altre. Ve ne sono talmente tante, e talmente diverse e a loro modo “facili” o “difficili”, che confrontarle fra di loro mi sembra un’operazione insulsa, e denotante poca onestà intellettuale. Perché poi, certo, è facile dire che tutto il resto è facile quando si conoscono le sole difficoltà della propria disciplina. Quando magari, ad approcciarsi a qualcosa di quel “resto”, ci si scoprirebbe disarmati, persi. Io, che ho al più la possibilità di conoscere in maniera approfondita solo poche, pochissime discipline (o addirittura solo piccoli pezzi di queste), non voglio fare l’errore di dare giudizi di valore su cose che non conosco a sufficienza. La matematica è vista come qualcosa di difficilissimo, del tutto fuori dal mondo, accessibile solo a pochi; nonostante questo io voglio pensare che si tratti solo di una disciplina umana come tutte le altre, con il suo bagaglio di difficoltà come tutte le altre, studiata da persone che si sentono semplicemente portate e appassionate, non certo “diverse” e circondate per forza da una qualche strana aura.