Oggi, come spesso accade, stavo perdendo tempo davanti al computer, e in particolare su Facebook (lo ammetto, a volte diventa quasi una dipendenza); navigando in quel modo disattento sono capitato nella pagina Anti UAAR. Avevo già incontrato un’altra volta questo gruppetto di persone, unite dal credo religioso cattolico e soprattutto dall’avversione verso le forme di ateismo più “fondamentalista”, per così dire, quasi sempre (per loro) incarnate dai membri dell’UAAR (Unione degli Atei e Agnostici Razionalisti, per l’appunto). Gli “Anti UAAR” hanno anche un blog, che può essere istruttivo leggere per farsi un’idea riguardo le loro posizioni.
Ma torniamo a noi, cioè a me e alla mia navigazione disattenta. Come si è caricata quella pagina, ho notato un post dal titolo Quando Kurt Godel [sic] dimostrò logicamente la necessaria esistenza di Dio. Lo si può leggere anche direttamente dal loro blog, come consiglio a tutti di fare. Ed eccoci al punto. Ora, io mi sbaglierò, ma la prima cosa che ho pensato leggendo quell’articoletto è stata: ma questi sanno di cosa stanno parlando? No, dico, perché altrimenti ci fanno proprio una magra figura.
Andiamo con ordine. Io non ho competenze vere di logica e non ho studiato Gödel, però faccio matematica da 4 anni e ho anche una Laurea Triennale. Una dimostrazione è fatta di deduzioni svolte a partire da assiomi, cioè da affermazioni assunte come vere dal principio. Uno può prendere come assiomi “verità evidenti” (con tutte le problematiche del caso… ad esempio la geometria euclidea era basata su “verità evidenti”…), oppure fare scelte del tutto arbitrarie. È importante, anzi è fondamentale il quadro in cui ci si pone. Le definizioni devono essere tutte “buone”, nel senso che, se voglio definire un oggetto in un certo quadro assiomatico, sono costretto ad usare termini già precedentemente definiti. Così, può succedere (soprattutto a chi non fa matematica…) di cadere nell’ingenuità di chi pensa che gli oggetti definiti in un certo modo in un sistema assiomatico debbano per forza avere un collegamento con gli oggetti della realtà. E mi pare proprio che i signori dell’Anti UAAR abbiano commesso questo sbaglio: pensare che il Dio di cui Gödel dimostra l’esistenza sia lo stesso Dio in cui credono i cristiani. Ma questo, a mio parere, è insensato!
Ciò che mi irrita profondamente, in particolare, è l’uso profondamente sbagliato che in tutto ciò si fa della matematica: usarla per fare deduzioni che vanno a finire fuori da essa. Insomma usare impropriamente il linguaggio della matematica stessa, confondere i due piani “matematico” e “reale”. Come se io dicessi, ad esempio, che i numeri reali esistono, sono tangibili, mentre invece i numeri immaginari sono eterei, celesti. Affermazione evocativa, che probabilmente attirerà l’attenzione di qualcuno, ma del tutto insensata. Lo ribadisco, a costo di essere davvero ripetitivo: le parole che definiscono gli oggetti matematici in una teoria hanno un valore che è esclusivamente interno a quella teoria. Quindi è sbagliato usarle impropriamente fuori.
La questione non è in ogni caso banale: effettivamente la matematica fornisce validissimi modelli interpretativi della realtà, ed è forse ciò a portare agli abusi di cui ho detto. Essenzialmente tutta la fisica si basa su modelli matematici, e buona parte dell’economia, e ora anche scienze come la biologia. Per me è stupefacente come questo possa accadere: non tutta la matematica è “applicata”, cioè votata alla ricerca diretta di modelli della realtà, eppure moltissima della matematica “pura” trova sorprendenti applicazioni. Sarà solo una coincidenza? Io a questa domanda non so proprio rispondere.